Confesso una certa difficoltà soltanto nel pronunciarne esattamente il nome, ma sono anni che giro intorno a questo dolce “regale” come la sua forma, che caratterizza così bene il nord europa e che cambia nome a seconda delle regioni: Kugulhupf in Austria, Gugelhupf in Germania, Kugelhopf in Alsazia, Kuglof in Ungheria e Cuguluf a Trieste.
Anche gli impasti si differenziano parecchio, soltanto il libro La cucina triestina di Maria Stelvio ne riporta sei versioni, di cui una versione senza lievito e una con olio al posto del burro.
Insomma, prima di provarlo mi son ritrovata attorniata da libri e ricettari, una piccola ricerca in rete mi è servita per escludere le ricette che prevedevano l’uso del lievito chimico perchè ne sarebbe venuto fuori un impasto tipo dolce da una libbra o quattro quarti, e non era la consistenza leggera e simile al pandoro che cercavo.
Gira che ti rigira, la versione più convincente anche questa volta era quella della maestra per antonomasia: Paoletta di Anice e cannella.
I consigli e le raccomandazioni ci sono già, io l’ho preparato due volte in tre giorni, un po’ per curiosità nei confronti di due diverse farine che avevo trovato al supermercato, un po’ perchè se l’impasto è seguito bene dal principio, vi incanterà vederlo così apparentemente inconsistente prendere man mano forza e reagire a dovere ad ogni introduzione di un nuovo ingrediente.
La consistenza finale prima di metterlo nella forma – una teglia specifica piuttosto alta e scanalata e con queste dosi dovrete assicurarvi che contenga 2 lt di acqua- è morbidissima ma compatta e nervosetta.
Non è propriamente un dolce per inesperti, è consigliato possedere una planetaria e seguire bene ogni passaggio, soprattutto la successione di inserimento degli ingredienti e i grassi alla fine.
La soddisfazione sarà assicurata, per non parlare del sapore e della sofficità del prodotto finale: una nuvoletta, molto simile al pandoro, variate pure i condimenti spaziando tra cioccolata e uvetta e canditi, io li ho provati entrambi e mi è piaciuto di più quello con uvetta e canditi.
Aggiungo solo un paio di note tecniche per gli ossessivi della lievitazione come me con le differenze riscontrate tra i due cugulupf che ho preparato:
1- ho usato farina Garofalo W 350, diminuito il latte di 20 gr perchè questa farina non assorbe moltissimo i liquidi e tenuto a maturate in frigorifero a 7° per 10 h. Risultato: buono.
2- ho usato farina Manitoba del supermercato, non sono riuscita a risalire alla ditta produttrice, ma aveva una percentuale di proteine del 13% per 100gr. L’ho tenuto sul balcone a 7/8 gradi, protetto da una scatola di plastica con coperchio e un termometro che controllavo affannosamente e al caso spostavo di balcone ( uno è orientato a nord e uno a sud ) per 6 h e cotto all’una del mattino. Risultato: ottimo.
Ora che vi ho spaventati con tutte queste manie che solo i folli impastatori potranno comprendere, vi trascrivo la ricetta del Talismano della felicità rivista da Paoletta, non fate come me, iniziate con il lievitino al mattino e con queste temperature la sera sarete pronti ad infornare.
Si assaggia però al mattino successivo, mi raccomando!
Le fotografie per questo post sono state fatte da Marina Raccar, un’amica oltre che una competente fotografa con uno stile molto personale, un misto tra morbido e scomposto e molto pulito. E’ stato difficile scegliere la foto ideale che rappresentasse la ricetta, erano tutte bellissime e mentre io cercavo quella che valorizzasse il dolce, lei nel suo sito privilegiava la qualità delle immagini. Fateci un giro, ve lo consiglio di cuore.
Ingredienti:
Farina W350, 300 gr (ho usato la Rieper, ma va bene anche la manitoba Lo Conte)
Burro, 150 gr
Zucchero, 75 gr
Lievito di birra fresco, 10 gr
Latte, 50 gr
Acqua, 75 gr
Uova, 2
Tuorli, 2
Uvetta sultanina o gocce di cioccolato, 25 gr
Arancia candita, 25 gr
sale, 5 gr
Scorza di 1 arancia grattuggiata
1 cucchiaino di mieleMandorle per la decorazione
1 Stampo della capacità di 2 lt. di acqua
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