Torno dal un lungo periodo di assenza – di mezzo le festività natalizie con conseguenti abbuffate – per proporvi una deliziosa crema di topinambur, semplice da preparare e non esagerata nell’apporto calorico.
Questa ricetta di Blanquette de veau è stata ispirata da una vacanza in Provenza ospite dall’amica Francoįse, dopo averne parlato con lei e confrontando la ricetta della cucina tradizionale francese con una ricetta di simil- blanquette che gira da anni in casa mia, l’ho integrata e testata, ed ecco cosa è venuto fuori mettendo a confronto le due versioni, spero che i puristi e soprattutto la mia amica non ne abbiano a male.
La differenza tra la blanquette creata a metà 1800 dal grande Auguste Escoffier – definito “il cuoco dei re, il re dei cuochi”che lavorò per le più grandi catene alberghiere nel mondo e diffuse la cucina francese e l’uso delle salse – è che la mia versione prevede la cottura in pentola a pressione.
Vi consiglio di provare questo adattamento, è veloce, ideale ad essere condivisa se presentata in un grande piatto per un’occasione conviviale ma anche un vero cibo consolatorio per allietare la famiglia nelle serate autunnali.
Qui trovate la ricetta di Auguste Escoffier.
Ingredienti per 4 persone:
2 lt di brodo vegetale, ne userò parte per la blanquette e parte per il riso pilaf
40 gr burro
2 cucchiai di farina
600 gr spezzatino di vitella
3 carote di medi grandezza, tagliate fino a ricavarne dei pezzi di circa 4×2 cm ( non troppo piccoli altrimenti in cottura si disferanno)
8 cipolline mondate
500 gr di piccoli funghi champignons puliti ( io sull’onda della ricetta furbetta e dietro consiglio di Francoįse, li ho comprati surgelati da Picard: Champignons de Paris mignatures)
succo di 1 limone e la scorza grattugiata di 1/2 limone
1 tuorlo d’uovo grande o due piccoli
150 cc di crema di latte ( quella fresca da montare)
sale, pepe, noce moscata, chiodi di garofano
timo, una foglia di alloro e dei gambi di prezzemolo per la preparazione che poi andranno tolti e foglioline di prezzemolo per guarnire
300 gr di riso basmati- burro o olio in piccola quantità
Procedimento
Nella pentola a pressione, mettete a scaldare il burro e poi versate le carote che dovranno soltanto insaporirsi, aggiungete quindi la farina e 2 mestoli e 1/2 di brodo vegetale che avrete preparato in precedenza ( è un attimo: un filo d’olio in una pentola capace e subito mezza cipolla con la buccia ben sciacquata su cui avrete infilzato un chiodo di garofano, poi una carota tagliata in tre parti e una costa di sedano in pezzi, pepe in grani e due pomodorini. Lasciate sobbollire e salare, in 1/2 ora mentre voi farete altro, è pronto).
Mescolare bene la vellutata composta dal roux e dal brodo e lasciare sobollire scoperto per 2 minuti.
Passato questo tempo, aggiungete la carne, il mazzetto odoroso – gambi di prezzemolo, alloro e timo – e coprire la carne per metà con il brodo.
Chiudere la pentola a pressione e lasciar cuocere per 30 minuti dal fischio.
Durante questa attesa potrete mettere a cuocere il riso basmati, sciacquatelo, lasciatelo tostare brevemente in olio o burro con una piccola cipolla steccata da un chiodo di garofano, e poi coperitelo per due dita con il brodo preparato anticipatamente. Chiudete subito la pentola con il suo coperchio e appena sentite che bolle, abbassate il fuoco al minimo, finché nei giro di 10/15 minuti il brodo sarà consumato e il riso perfettamente cotto e sgranato. Trasferitelo in una ciotola e tenete da parte.
Trascorsi i 30 minuti tornate alla carne, lasciate sfiatare la valvola della pentola a pressione, aprite il coperchio e aggiungete le cipolline e i funghi. Lasciate cuocere altri 10 minuti scoperto e approfittatene per controllare il sale, se vi accorgete che è poco fluido, aggiungete un po’ di brodo e appena le cipolline sono tenere, aggiungete la crema di latte e il limone spremuto.
Verificate la sapidità, aggiungete il tuorlo d’uovo, le zeste di mezzo limone e una grattugiata di noce moscata e il pepe.
Ammirate con immensa golosità la cremosità di questo spezzatino e immaginate di gustarvelo con il riso…
Cospargete di prezzemolo e vi sentirete felici.
P.S. confesso di aver commesso un errore, ho aggiunto le cipolline all’inizio insieme alle carote. A fine cottura erano disintegrate, certo il sapore della salsa ne ha giovato, ma vanno aggiunte verso la fine con i funghi visto che i tempi di cottura sono brevi.
Domani è San Giuseppe, e come l’epifania che tutte le feste si porta via, seguendo la tradizione del sud Italia vi propongo l’ultimo dolce -per di più fritto-, prima di un periodo di ricette leggere in vista dell’estate e della linea da recuperare. Lo prometto!
Qui due ricette sia per i bignè da fare al forno, che per quelli da friggere: poi fate voi, ma quelli fritti sono persino più semplici da preparare perchè non rischiano di afflosciarsi miseramente nel forno per via di temperature non idonee.
Un’altra ricetta di mia nonna che conquistava anche chi non era un appassionato delle polpette come mio padre.
Penso che il nome derivi dalla sorta di salmì e dal modo di cucinare la cacciagione che accompagna la seconda cottura, di sicuro la ricetta ha più di 50 anni perchè racconti di famiglia le ricordano sulla tavola già prima che io nascessi.
Il segreto è farle piccole e sono ottime servite come aperitivo su uno stuzzicadenti di bambù.
Questa è la ricetta di un dolce molto versatile che mi è stata data dall’amico Marco circa venti anni fa, poi ad un certo punto ero convinta di averla persa e ho cercato di sostituirla con altre ricette ma senza grandi soddisfazioni. Un giorno ho ritrovato l’appunto, ovviamente al suo posto, ma era unto, sbiadito e illeggibile. La mia tenacia nel ricostruirla è stata premiata e questa è la ricetta che ancora mi segue ed è tra le più richieste da chi mi conosce.
Bignè o choux alla francese, parliamo dell’involucro più delicato ed adatto alla farcitura che esista al mondo, secondo i miei gusti.
Non è così semplice preparare un buon bignè: deve essere asciutto ma non secco; deve alzarsi in cottura e rimanere vuoto all’interno così da permettere la farcitura più voluttuosa del mondo; e poi Parigi docet, deve avere la craquelin.